Celere alla cenere

In treno incroci lo sguardo con una sconosciuta come tutte, come nessuna e centomila, e centomilalire che questa se volessi…
Dialogo di sguardi
In realtà lei, pur essendosi seduta quasi di fronte a me, nn vuole interagire… Di solito le tipe carine si mettono ad almeno due miglia di ettari di distanza;
Magari le interesso…
Ci scambiamo sguardi impassibili e indifferenti.
Mi mordo le labbra facendo chissà quale ridicola e spaventevole smorfia… Chissà mai che le piaccia il trash..
Più mi sembra bruttina, più sono disinibito e meno mi pentirò di averla presa in giro.
– Guardo fuori dal finestrino ed esco dai miei pensieri, come schegge mi balenano davanti scene analoghe…
– Mi ricordo una volta un amico e una scena ambientata su di un carro bestiame strapieno, stipati e fortunosamente seduti.
Da parte a me lui, testimone involontario e disattento, e d’innanzi, in fronte a me lei, l’una qualsiasi di cui altrimenti non mi sarei accorto.
Viso serio e anonimo che ammiro mentre gradualmente mi sdraio e imbarazzato, fingendo noncuranza, la noto lasciva e silenziosa venirmi incontro.
Lo sguardo assorto assente perso oltre, al di là del riflesso, fuori dal vetro all’imbrunire. L’occhio saetta dietro a ombre già svanite che il treno tritura.
Muta eccitazione… Sbircio dietro il libro l’eventuale reazione.
Il treno sobbalza e mai come in questo momento sono contento di dare i soldi alle Fs per niente, perchè rimangano lo schifo romantico che sono.
Ad ogni sobbalzo inevitabilmente le spingo il ginocchio sempre più in mezzo alle gambe e ostentando indifferenza rido di niente tremando al contatto.
Impercettibilmente la situazione, non vista, si consuma.
Ricordo il desiderio di baciarla al momento dell’addio; non rammento il suo volto, impassibile ma vero, non ricordo altro–

Tolgo lo sguardo dal vuoto oltre il suo volto e nel mentre, nel corridoio sul treno, passa lasciando un foglietto dietro di sè; una scia;
Un tipo muto che fa l’elemosine.
Lei è coi suoi amici, io leggo un’inutile libro per l’esame il giorno dopo… Fingo come al solito e come sempre in realtà sbircio oltre.
Ogni volta vorrei vincere i vincoli e parlarle e conoscerla; quasi sicuramente anche perchè, forse, a lei non interessa chi sono nè perchè la guardo ed addirittura s’indispettisce.
Eppure divisi dal treno // incroci di sguardi // intrecci d’intenti
E ho deciso di odiarla //di odiare lei e tutte quelle finte occasioni che si ostinano a fissarti, quasi assurde volessero assurgere ad essere più che delle semplici vuote facce che sono // e maledette siano per ogni cosa che vogliono dire e per ogni cosa vorremmo ci dicessero. Maledette quelle belle // fugaci.
Maledette quelle brutte e insistenti quasi nn fossero che immagini in uno schermo con cui è impossibile interagire.//Odio la velocità con cui si dileguano.
Se m’innamorerò perdutamente, dopo averne spiato le pendolari abitudini, le dirò che ogni giorno che non mi bacia sono più felice
perchè è un giorno in meno d’attesa di quando accadrà.

Passa uno sventurato che lascia dietro di sè una scia di foglietti commoventi. Compassionevole e solo:
Aiuto, vedo lo sguardo perplesso di lei estranea bellissima.
Sotto molti altrui sguardi si sente osservata, calamita dell’attenzione, mai rivelerà alcunchè di sè, anzi cerca invece per di più di celarsi, di evitare altera e altezzosa di esser giudicata, di passare inosservata, attrice immobile ignota. “ho dato abbastanza a ‘sti zingari” dice.
E io piango alla menzogna clamorosa di lei, quasi potessi immaginare quanto è abbastanza, commosso piovono acide più che invisibili ma restano aggrappate, fuori dall’occhio dal treno e dal mondo. Amareggiato e impotente, quanti stupidi chissà per quali motivi si mostrano caritatevoli…con che criterio poi…
E quanto spesso e quando raramente // i sensi di colpa corrodono l’immacolata coscienza della società..

E l’imbarazzo e il sollievo nel vederlo -l’infame-
confabulare senza mani coi “fratelli” in una qualche lingua lontana e sconosciuta.
Vedo il muto contar i soldi che la pena vale, che la pietà ha fruttato // quanto voluminoso è il suo sorriso.

Cogli occhi annebbiati da dubbie lacrime guardo quelli dolci di lei
…vorrei amarli per l’eternità // voglio intenerirla // e farla vergognare…
Ma poi vedo, sciolte le emozioni, una ragazza carina e superficialotta che ha appena detto che lei di soldi ai mendicanti ne ha già dati abbastanza, che lei di soldi addirittura non ne ha,
oggi poi non ne parliamo…
E mentre accampa scuse mi dico… son tutti uguali, in tutti c’è il peggio e il meglio che si può e se non ci fosse ce lo metterei io.
è allora che un suo amico mi impressiona : “No Grazie”, dice, come volesse rifiutare cortesemente un’occasione per sdebitarsi,
come se stesse rinunciando a un pò di orgoglio che tanto poco caro è in vendita talvolta.
Di colpo limpide sorgono // lacrime sgorgano al sentire umiliati // occhi malati. Piangono inutili, piovono acide lacrime amare.
Voglio conquistarla e spudorato m’invento attore: mi vedo già le parole danzarle ancelle intorno piango quasi a sentirla imbarazzata.

Dalla bocca del sordomuto vedo il suo alito muoversi, presenza olezzosa di menzogne, rivolta lo stomaco e i miei pregiudizi si riversano, trovano sbocco e mi travolgono, si rivolge alle orecchie tipiche della gente slava, aguzze quel tanto che basta per capire l’inganno.
Chissà quanta vergogna e chissà dopo quanto, e se, e di quanto, l’abitudine smussa i sensi di colpa.
Anche quelli di chi non aiuta chi potrebbe realmente averne bisogno.
Lei come sempre scende senza quasi accorgersi di me -senza girarsi-
quasi non sappia di sentirsi osservata, quasi non immagini nemmeno il piacere che ne trarrei, quasi le costasse.
Anche per questo ho deciso di odiarla.

si forse avrei potuto narrare di veri amori eterni finiti di visioni e non di stralci di realtà rattoppati alla bell è meglio ma a me piace rendere il mediocre speciale

Posta un commento o usa questo indirizzo per il trackback.

Lascia un commento