Spero lo sappia

C’è da anni una persona a cui vorrei lasciare due righe, questa sta ormai per morire e seppur io sappia o immagini quanto il mio biglietto potrebbe farla gioire ancora tergiverso. Si tratta di un amico di mia nonna, che le è molto legato e che per così dire fa le veci di mio nonno che è morto da tantissimi anni. Non so in che rapporti fosse con lui e non mi azzardo a chiederlo, non perchè io non ci pensi ma perchè sono sicuro che ci pensino già abbastanza i diretti interessati. Quest’uomo bonario che accompagna mia nonna talvolta al cimitero talvolta all’orto e talvolta altrove ha un viso sereno reso grinzoso dalla vecchiaia ma ancora acceso da occhi vigili, modi cortesi e quasi impacciati. Dev’essere un vero maestro nell’arte di far l’orto perchè ad ogni stagione ci porta dei frutti dalle dimensioni favolose, quasi fosse un mago venuto da un paese dove frutta e verdura sono abnormi, come se come un dio potesse manipolare il dna di tali piante e lo facesse per poi donarle a lei, mia nonna, che pure ne parla con tono d’ammirazione ma mai trasognato. Io credo fermamente che in qualche seppur strano modo si amino, perchè io stesso son giunto al punto di sostituirlo nella mia fantasia ad un nonno mai nemmeno conosciuto, oltre al fatto che è l’unico amico uomo che io le abbia mai visto frequentare. Da svariati giorni penso al messaggio che vorrei fargli avere, e lo sogno anche probabilmente perchè ci penso nelle sere insonni. Ci ho pensato e pur immaginando quanto piacere potrebbe dare questo mio foglietto aspetto per non ledere quell’equilibrio di amore silenzioso, di tacito riconoscimento reciproco, che magari verrebbe turbato. Non che io creda fermamente che è da donnicciuole lasciarsi andare a sentimentalismi di tal fatta, e nemmeno credo che a lui un tale messaggio causerebbe imbarazzo. Semplicemente è una situazione che esplicitata o meno non varierebbe di molto. Inizio a metter qui le poche righe che gli farei recapitare da mia nonna, credo verbalmente quindi più riferire invece che recapitare. “Dic iscì à l’àtìli che se l’gha de bisogn de ‘n quai neu, de na man per un quai laurà de ciamàm che per fac un piasè a lù mi ghe sò.” Niente di sdolcinato insomma ma spero che si capisca quanto gli voglio bene. Ma lo traduco, lui sarebbe fiero del mio dialetto, probabilmente lo scriverebbe diversamente e non tutti i vocaboli sono quelli più adatti, una lingua non scritta non è mai uguale a se stessa, non può avere punti di riferimento, è come un rapporto d’affetto tra due persone che non ne parlano per non storpiarlo. Per chiunque non capisca traduco, uscendo così dall’intento primario di sfogarmi e rendendo questo patetico scritto un po’ più pubblico. “Digli così all’Attilio che se ha bisogno di un nipote, di una mano per un qualche lavoretto, di chiamarmi, che per fargli un piacere io ci sono.” Io ci sono, e gli voglio bene, ma visto che non ha mai chiesto un aiuto e io non gliel’ho mai proposto è come se ci fossi e anche no, ci sarei in pratica ma in teoria non c’è mai stata l’occasione, ci sarei in teoria ma in pratica resta solo questo vuoto, questo silenzio, ma quanto vorrei che accadesse. Quanto vorrei lasciargli una prova di smisurato rispetto e affetto, senza doverglielo dire. Certo già occuparmi di mia nonna e renderla fiera e contenta dev’essere una soddisfazione che gli do. Chissà quando parlano di me, mi vien da sorridere immaginando i loro dialoghi, “eh si me l’ha purtada scià l steven sta fasena che, ier matina l ma purtà tre gerle… l’è quel piusè grant e ormai num s’è vec…” e così via… Temo che una dimostrazione d’affetto nei suoi confronti sarebbe fuori luogo e poi non son mai stato bravo a fare quel che dico. Temo che finirò col rimpiangere di non avergli mai detto niente, temo ma è finzione, sono certo che nemmeno al suo funerale riuscirò mai a leggere queste parole.

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