Il misantropo benefattore

Il misantropo infetto, ovvero come l’isolamento serva talvolta a salvare vite umane.

 

Ivan fin da piccolo aveva avuto problemi a rapportarsi alle altre persone, dapprima lo credevano semplicemente oltremodo timido dicevano che era solo molto introverso e che sarebbe passata con gli anni, ma gli anni quelli si passavano e Ivan non riusciva a legare con nessuno, pur avendo cambiato più scuole, forse per il suo sguardo un pò assente non s’era fatto nessun amico.

I suoi genitori dopo anni d’apprensione si sollevarono non poco quando sembrò aver trovato una persona in grado di farlo uscire dalla sua apatia, purtroppo tale persona, tale Giacomo, un coetaneo, dopo pochi mesi si dedicò totalmente a Cristo in un convento di un paese vicino e da allora Ivan tornò solo.

Questo breve periodo d’amicizia fu parecchio intenso per Ivan che con Giacomo poteva parlare delle sue stranezze senza ch’egli lo allontanasse, e la separazione gli diede un colpo da cui non si riprese mai più.

I genitori se è possibile la presero ancora peggio: chissà cosa aveva detto a quel Giacomo per farlo scappare addirittura in convento, o in altri momenti vedevano l’amicizia tra i due come un atto di pietà cristiana o di curiosità diabolica verso uno scherzo della natura qual’era il loro figliolo da parte di un giovane che piuttosto che continuare a vivere con gli uomini e in particolare con Ivan s’era autorecluso, magari per espiare chissà quali peccati che poteva aver commesso anche con il loro Ivan.

Purtroppo Giacomo non fu l’unico a rinchiudersi fuori dal mondo, pur non avendo infatti alcuna vocazione per la tonaca, anche Ivan decise di morire al mondo e di evitare per sempre, per quanto possibile il contatto umano.

Da allora le sue già note difficoltà nel comunicare e avere relazioni normali con le persone che gli stavano intorno divennero ostacoli insormontabili.

Si esiliò da tutto e da tutti senz’apparente ragione, si trovò un lavoro da casa e non uscì fino al funerale dei suoi genitori, che morirono stranamente insieme dopo pochi giorni dall’averlo salutato, quasi la mancanza del figlio li avesse stroncati ambedue come un male infettivo.

Ivan come gli altri del paese pensarono fosse, più che la mancaza di quel figlio da sempre piuttosto assente, una fuga di gas, il malfunzionamento della stufa, insomma cause più o meno accidentali e naturali, ma allora nei paesini non c’era la scientifica e l’autopsia si faceva soltanto per quei casi che sembravano eclatanti omicidi.

L’eredità non certo cospicua che non avrebbe certo potuto costituire il movente di un duplice omicidio permise ad Ivan di isolarsi sempre di più riuscendo addirittura a farsi portare la spesa a casa come gli anziani e gli invalidi, ormai nemmeno il negoziante lo vedeva più e il fattorino che gli consegnava la spesa settimanalmente non lo vedeva quasi visto che trovava i soldi in un posto pattuito ma era pronto a giurare che dalle finestre gli era parso, quell’Ivan là, quasi albino, come se non prendendo il sole si stesse trasformando in un vecchio canuto e pallido prima del tempo.

A soli 25 anni aveva la vita sociale più piatta di un pensionato all’ospizio, e non avendo la badante ne aveva sicuramente anche meno di un pensionato rinchiuso in casa propria.

Oltre ad esser diventato lo zimbello di tutto il paese, come dicevano le madri ai figli taciturni, tutte preccupate, và che tu vai a finire come quel Ivan là, che a ventanni ne dimostri 60

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