Olometabolia

OLOMETABOLIA on novembre 27, 2007 said: Era uno di quei momenti in cui era inutile resistere alla stanchezza pesante sulle palpebre perché quei mondi che aprivano le pagine sconfinati davanti a lui, li avrebbe ritrovati anche al buio, dentro di sé. Si era appisolato leggendo Oceano Mare, non tanto perché l’annoiasse, quanto perché ormai, alla quarta lettura, conosceva talmente a fondo il testo che le parole risuonavano, nell’anfiteatro dolby-sourround della sua mente, come una canzone che si ama e che sembra riecheggiare anche quando gli occhi si chiudono e, stanchi, saltano le righe solo per il piacere di ripercorrerle mentre lo traghettano nei mondi dietro e dentro alle parole. “…Si svegliò nel mirabile giardino della perla dell’Africa,Timbuctu, l’introvabile e la meravigliosa, in cui le geometrie più raffinate tenevano a bada l’esplosione dei colori tutti, e la disciplina di ferree simmetrie regolava la spettacolare limitrofia di fiori e piante venuti da tutto il mondo. Un giardino in cui il caos della vita diventava figura divinamente esatta…” Replica 19mascherma on dicembre 2, 2007 said: http://it.youtube.com/watch?v=3reI_zv8v-Y Una volta recuperata la sua lucidità, uscito dal nebbioso svarione in sé benché ancor stordito, il bruco Lepidoptera si accorge di esser precipitato in una ragnatela. Con la caleidoscopica vista ancora appannata dalla sorpresa e dallo choc, nota invischiato anche un verme. Nella rete che li espone costretti impigliati quasi lievitassero, i due disgraziati larviformi e atteri tutt’ altro che gaudenti, si compiangono. Riavutosi completamente dalla botta e dalla nausea che la manifesta oscillazione della rete, ancora visibilmente scossa come da un vibrante cataclisma di proporzioni catastrofiche, gli causava dentro, si trova sdraiato e in piedi –niente di nuovo – e si stupisce della sua abilità felina inconscia di cadere in piedi dopo aver nuotato sprofondando nel vuoto. Dopodiciò guarda la tela, ipnotica e fitta trama di bava concentrica, gabbia e dispensa, letale trappola senza vie d’uscita e in ultimo posa il suo poliedrico punto di vista sullo sventurato che sembra somigliargli, a primo impatto,come un sosia vero e proprio. Replica 20mascherma on dicembre 18, 2007 said: Il bruco, che per vivere ha bisogno di riconoscersi nella percezione altrui, si trova d’improvviso di fronte un sosia, come fosse il suo riflesso nello specchio, e non capisce se sia un’allucinazione schizofrenica o una ben più inquietante realtà . Dopo aver maledetto il cielo il bruco disprezza e condanna se stesso e la sua pancia, il primordiale bisogno e stimolo a seguire ciecamente i propri sensi e le influenze esterne per soddisfare i suoi appetiti, e, preso dallo sconforto, maledice ogni cosa e si dispera come il suo simile. Preso dalla foga che solo la disperazione conosce, maledice il semplice sopravvivere e la facilità con cui vi ci si abitua. Ed ecco che il verme gli dà torto e con impeto appassionato risponde che per vivere non serve affatto pensare, che per lui vivere e sopravvivere sono la stessa cosa ed invoca esseri Superiori Sconosciuti. Il ragno, appostato poco lontano donde origliava, al momento opportuno, ostentando il puntuale tempismo tipico di chi sa pescare, sbuca dal suo nascondiglio e si dirige, elegante e silenzioso, verso di loro che ammutoliti sbiancano fissandone le demoniache fauci. Replica 21Mefistofele: on dicembre 18, 2007 said: “Tu mi hai attratto con grande potere… Mi hai invocato… Desideravi contemplarmi… Udire la mia voce… Vedere il mio volto… E appena il mio alito ti sfiora, tremi fin nel profondo del tuo essere… Come un verme che, impaurito, si contorce… (non si può dire che il ragno non abbia il senso del tragico) Nei flutti della vita mi innalzo e mi abbasso, ondeggio in qua e in là… Nascita e morte, un eterno mare, una mutevole vita! Così opero al telaio del tempo…” Replica 22mascherma on febbraio 22, 2008 said: Con questa entrata ad effetto il ragno fa cagare definitivamente addosso il verme. Anzi, si preoccupa di allontanarsi un pò per non far venire un infarto al povero smidollato, perchè a lui il pranzo piace fresco e ancora caldo, preferisce immobilizzare le prede e mangiarne anche il terrore. Avendoli ascoltati e volendo prolungare la soddisfazione che gli danno i loro lamenti, quasi fossero un aperitivo, decide sadicamente di giocar loro un brutto tiro. “voglio mettervi alla prova, siete carne da macello, esseri già morti in un limbo che io ho il potere di prolungare, d’ora in poi sarete delle cavie, il solo vostro compito è assecondare il mio desiderio, la vostra sofferenza è il mio solo svago, sappiate che come gladiatori dovrete combattere al fine di salvarvi la vita, l’unica vostra speranza è uccidere perchè domani mangerò uno solo tra voi”. Detto questo si ritirò sul suo scranno da cui dominava la scena anche pocanzi. Al bruco pare subito sospetta la frase del ragno, la cui parola non ha alcun valore, tantomeno se data a chi per lui non ne ha alcuno: quasi sicuramente li mangerà entrambi, perchè non dovrebbe? Al verme che vuole sopravvivere non importa assolutamente del resto, crede che uccidendo il nuovo amico possa salvarsi e per farlo sarebbe addirittura disposto a farlo fuori, non sa che il ragno predilige divorare vive le sue prede, non subodora il tranello. Replica 23il bruco on febbraio 22, 2008 said: comunque non se la sente di uccidere il seppur viscido verme e per non far non falla… Replica 24il verme on febbraio 22, 2008 said: Il verme cerca di muovere i suoi anelli automaticamente senza pensare a dove si trova e rimane inevitabilmente aggrovigliato nei nodi intessuti anche perché la sua pelle è di collagene, dove sperava di andare? Il bruco immobile e attonito ammira la scena coi mille suoi sguardi e pensa sconvolto alla sua prossima fine quando un filo di vento stacca delicato una foglia che cade proprio ad un passo da lui. Un passo di un bruco su una ragnatela non è che lo spessore di un capello, di un filo d’erba, la lama di un rasoio, è un piccolo passo per un bruco… Eppure la scena indimenticabile che ha appena dovuto digerire gli impone prudenza e astuzia, deve cambiare il suo modo di muoversi, deve padroneggiare il suo corpo e spingerlo a fare un piccolo ma pericoloso salto, senza fare la fine del millepiedi che chiedendosi come riuscisse a camminare disimparò. Deve rompere la legge dell’abitudine che è l’unica che i suoi muscoli meccanicamente conoscano. Si protende, si allunga, si sporge quasi ad annusare l’aria prende le misure da ogni angolatura in tutti i sensi e solo con uno sforzo meno che sovrumano ma sicuramente sovrabruchico e brusco, ce la fa, si erge e sale. Replica 25situazione di merda on febbraio 24, 2008 said: Ma una volta sopra cosa può fare? Si trova a calpestare una succulenta foglia e inizia a girare in tondo come un carcerato nell’ora d’aria, come un condannato a morte al sicuro nella sua cella nella quale gli hanno servito, come inespresso e insperato desiderio, una leccornia come ultima cena. E rimugina e rimugina conclude che se non mangia finisce che muore e poi il ragno ci rimane male, che è tutto deperito… E pensare che era così bene in carne prima di cagarsi addosso dallo spavento, altrimenti non sarebbe precipitato quasi rimbalzando sulla ragnatela che come una rete elastica lo aveva paradossalmente salvato. Quasi controvoglia mangia la foglia seppur sia schifato dal sapore amaro come se fosse una medicina con un sacco di effetti collaterali, non dimentica infatti ad ogni boccone che è proprio l’aver ceduto al vizio del cibo la concausa del suo essere in quella situazione di merda. Ruminando si espande sempre più opulento e pingue, inizia a stare stretto sulla foglia, le dimensioni della quale oltretutto si riducono ad una velocità incalzante, facendogliela apparire sempre più piccola. Lo spazio a sua disposizione diminuisce esponenzialmente e con esso la sua fame pare decrescere in maniera direttamente proporzionale all’aumentare della rabbia del ragno e alla mole molesta della montagna di merda nella ragnatela dietro di lui sempre più alta. Replica 26leggermente troppo pesante on febbraio 25, 2008 said: Quando la foglia era adagiata la ragnatela la teneva in superficie come una zattera e il di lui dolce peso fluttuava a mezz’aria senza incrinare l’equilibrio seppur precario; ma ora, mancando una rigida superficie, la tela si stava lentamente smagliando; adesso che tutto il peso poggiava sul pur ampio culone del bruco, la ragnatela iniziava a sfaldarsi come il tessuto spazio temporale s’incrina in presenza dell’enorme massa di un buco nero, in questo caso un bruco nero. Un filo lo tiene a penzoloni; è l’unico punto fisso al centro di un universo instabile e sregolato. Questa volta il salto è nel vuoto; se prima era un semplice passo, è un baratro, un abisso, adesso. Ecco immaginate, se non l’avete provate e/o non potete ricordarle, tutte le emozioni che si addensano in quei lunghissimi attimi di volo e poi inatteso quanto insperato il contraccolpo tipo il bungee-jumping. Un filo lo tiene a penzoloni; lo aspettano nuove emozioni. Replica 27rinchiuso in se stesso on febbraio 27, 2008 said: La sua vita è appesa a un filo, estenuato ed esasperato dal terrore e da tutte le esperienze fatte nel giro di pochi, intensi, stralci di attimi di vita, il bruco si sente stanco e strano, si sente cambiato e un bozzolo l’avvolge facendogli credere che per lui sia finalmente finita, che il ragno l’abbia catturato ma ancora una volta si sbaglia e sbadiglia. Insaccato nell’inviluppo, il bruco ha ormai cambiato pelle e abito diverse volte nella sua breve ma intensa vita ponendo lo scrittore di fronte all’annosa questione della scelta del nome da assegnare ad un essere che non sarà mai uguale a se stesso finché i tre centri non inizieranno a lavorare armonicamente assieme. In un’antica metafora l’unità dell’individuo nasce quando lo squilibrio interno provoca una frizione che, come un fuoco sotto un’ampolla, fonde e forgia il composto, formato dai tre centri: motivo(motorio-sensoriale), emotivo(sentimentale-passionale) e razionale(logico, no?), al quale poi potranno essere “insegnate” determinate proprietà. Essendo sempre diverso ed in costante evoluzione, come il fiume in cui si specchiò Cratilo per un solo istante che subito svanì, è difficile associargli un nome invariabile; anche perché se Lepidoptera è il plurale latino che indica l’intero Ordine, è anche, italianizzato, il nome femminile singolare della farfalla che però passa da uovo, che è asessuato, a bruco con connotazione maschile per poi maturare e percorrere gli stadi di pupa e crisalide. Cercando di comprendere la sua identità, racchiuso in se stesso cresce velocemente, se infatti le sue dimensioni hanno smesso di ingigantirsi sproporzionatamente e a ritmi agghiaccianti, è la sua coscienza che gradualmente si sviluppa, forse anche perché non si mette semplicemente a dieta, ma combatte strenue contro le resistenze che il suo organismo ha eretto a difesa della normalità dei suoi usuali bioritmi. Rinchiuso in se stesso, sordo e cieco al mondo, avendo osservato la variabilità fenomenica ed osservata la frequenza con cui si ripropone, ritiene che la legge delle probabilità lo voglia morto di fame e di inedia, ma subito si rende conto che anche in questo caso le sue credenze non fanno che impedirgli di vedere i suoi palesi errori (ciò che resta costante nel continuo mutare è legge, ma l’unica legge è il continuo mutare); ha capito che solo sviluppando ogni sua capacità innata può vivere davvero e dopo aver realizzato la portata delle sue potenzialità e la sua uguaglianza ad ogni cosa nella diversità, si addormenta e dorme il sonno degli ubriachi, quello con i sogni che più sono veri e meno te li ricordi e più li confondi. Replica 28Anonimo on marzo 2, 2008 said: “un giorno io, Chuang tzu, sognai di essere una farfalla, e svolazzavo qua e là, su ogni intento e proposito: una farfalla. Ero conscio solo di seguire il mio capriccio di farfalla e non ero cosciente della mia personalità d’uomo. A un tratto mi ridestai, ed ecco ritrovai me stesso. Ora io non so se fossi, in quel preciso momento, un uomo che sognava di esser farfalla o se non piuttosto, ora, una farfalla che sogna d’esser uomo.” Replica 29follelfo on aprile 12, 2008 said: ” e questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a Questa porta, di cose eterne bisbiglianti, non dobbiamo tutti esserci stati un’altra volta?” la visione e l’enigma N. Replica 30E. Canetti on maggio 21, 2008 said: “L’amore non esiste! Ciò che non esiste non può essere nè inutile nè necessario.Come vorrei poter dire con la stessa sicurezza:non esistono le donne. Le termiti non ci interessano. Soffrono forse per la presenza delle donne? Hic mulier, hic salta! Resta nell’ambito umano! che le femmine del ragno stacchino con un morso la testa ai maschi dopo aver abusato di quegli inetti, che solo le zanzare femmina succhino il sangue, sono fatti che esulano dal nostro argomento. La strage dei fuchi tra le api è una barbarie.Se i fuchi non servono, perchè vengono allevati? Se sono utili, perchè vengono trucidati? Nel ragno, il più crudele e odioso di tutti gli animali, io vedo incarnata l’essenza della femminilità. Nel sole la sua tela ha uno scintillio velenoso e bluastro”

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